Nel libro quinto di Stromati (Strom. V 81,3-4) Clemente Alssandrino, basandosi sul passo del Vangelo secondo Giovanni (Gv
1,18: “μονογενὴς θεὸς ὁ ὢν εἰς τὸν κόλπον τοῦ πατρὸς ἐκεῖνος
ἐξηγήσατο”), dice che la questione teologica più difficile da trattare è
la dimostrazione del principio primo e più antico. D’altronde Clemente,
quando interpreta tipologicamente un tralcio con un grappolo d’uva
descritto nel libro dei Numeri (Nm 13,23-14,12) per
esempio, basandosi sulla figura di Gesù crocifisso, sviluppa per la
prima volta tra i padri ecclesiastici una spiegazione soteriologica e
sacramentale su questo passo (Paed. II 19,3-4). Il modo
d’interpretazione di Clemente corrisponde alla direzione fuoriuscente
dello Spirito Santo dal fianco di Gesù crocifisso (Gv 19,34), perché il corpo stesso di Gesù sulla croce si unisce al Verbo eterno di Dio (Gv
19,30). Nonostante il passo del quarto Vangelo di cui sopra si traduce
di solito che “l’Unigenito Dio, quegli che è nel seno del Padre, Egli lo
rivelo”, mi sembra invece che Clemente non interpreti la frase “εἰς τὸν
κόλπον” come qualificatrice del sostantivo “ὁ ὤν”, ma del verbo
“ἐξηγήσατο”: cioè, l’Unigenito Dio-Verbo rivela (ἐξηγήσατο) il mistero
del Padre eternamente, mentre noi siamo condotti per mezzo di questo
Unigenito Dio nel seno (εἰς τὸν κόλπον) del Padre infinitamente.
Diveniamo quindi incessantemente l’immagine di Dio (Gn 1,26),
cioè il Verbo di Dio, specialmente unificandoci alla figura di Cristo
sulla croce. Secondo Clemente così, lo gnostico vive sempre nella
comunione trinitaria del Padre, del Figlio-Verbo, e dello Spirito Santo
nel corpo di Cristo crocifisso.
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