Sebbene nel suo De viris illustribus S. Girolamo non inserisca
personalità della tradizione romana, non disconosceva la tradizione di
exempla data dai personaggi della storia, soprattutto quella
repubblicana, e così nei suoi scritti non mancano riferimenti alla
virtus di eminenti personalità passate, come esemplificato dall'elenco
dell'epistula 60 in cui diverse famiglie, come Catones, Galli e
Scaevolae, dimostrarono non minor in luctu quam in bellis virtus, come
richiamato da Cicerone nella perduta Consolatio. L'Arpinate stesso,
assieme ad altri autori del periodo come Virgilio, era tra queste figure
esemplari, e, proprio tramite le sue opere, S. Agostino nel quarto
libro del De Civitate Dei può analizzare criticamente le affermazioni e
le azioni del pontifex maximus Muzio Scevola. Mentre l' autoproclamata
tradizione vivente della virtus romana, rappresentata dal senato di
Roma, si arrocca sull'auctoritas degli antichi, la cultura cristiana
propone un rapporto dialettico con personalità del passato.
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